Ringrazio vivamente Roberto Vigotti dell’Associazione RES4MED per un interessante documento che illustra molto efficacemente il ruolo delle Energie Rinnovabili in Italia.
RES4MED è un’associazione senza fini di lucro costituita nel 2012 da CESI, Edison, Enel Green Power, Gestore Servizi Energetici (GSE), PricewaterhouseCoopers (PwC) e il Politecnico di Milano. Asja Ambiente, Fondazione Ugo Bordoni e Terna Plus hanno aderito in qualità di partner, mentre Althesys, AssoRinnovabili e RSE-Ricerca di Sistema Elettrico sono affiliati. L’Università Bocconi ha lo status di socio onorario.
RES4MED vuole essere un catalizzatore per le iniziative del Mediterraneo in corso, coinvolgendo i principali attori del Nord Africa, il Medio Oriente e nei Balcani. Con la competenza e la conoscenza dei suoi membri,RES4MED vuole proporsi come un punto di riferimento aggiuntivo per le parti interessate del Mediterraneo impegnati alla promozione delle energie rinnovabili.
Ecco il testo del documento che allego per intero:
Roberto Vigotti, elementi prioritari per
LE RINNOVABILI ITALIANE NEL 2014
1. Il ruolo delle rinnovabili in Italia
Nel 2013 le rinnovabili hanno coperto in Italia il 33% della produzione netta interna di elettricità, contro il 27% dell’anno precedente.
Le sole rinnovabili elettriche hanno contribuito, nell’ultimo anno, a spiazzare 109 GWh di energia termoelettrica, pari a una riduzione di circa 57 milioni di tonnellate di CO2, o il 12% delle emissioni totali annue del nostro Paese.
Inoltre, considerando i prezzi di importazione del gas all’ingrosso e il fattore di conversione delle centrali, si deduce che anche solo l’eolico e il fotovoltaico hanno posto benefici sulla bilancia dei pagamenti per quasi 2 Miliardi di euro nell’intero 2013 (più di 5 miliardi se si considerano anche le altri fonti, dati Ispra e MiSE), riducendo la componente energia della bolletta grazie ai ridotti costi variabili (Merit Order Effect).
Nel 2012, le rinnovabili nel loro complesso hanno creato 190.000 posti di lavoro tra diretti e indiretti. La crescita del settore degli scorsi anni dà la possibilità per i settori industriali e dei servizi italiani di esportare e di crescere nei Paesi che si sono mossi in ritardo ma che oggi stanno puntando fortemente sulle rinnovabili (il Giappone, la Cina i Paesi del Nord Africa per esempio). E il tutto nonostante la crisi.
Anche nel caso della fonte più costosa, il solare fotovoltaico, le misure di supporto degli anni passati hanno portato ad un miglioramento delle prestazioni, a una riduzione dei costi della tecnologia e hanno consentito l’ampliamento del settore industriale in Italia, raggiungendo la competitività dei nuovi sistemi anche in assenza di incentivazioni economiche.
Per far questo dobbiamo pensare ad un ulteriore sviluppo della generazione distribuita senza gli ostacoli che anche la recente normativa SEU ha introdotto.
2. Il “Destinazione Italia”
Recentemente diverse misure hanno costituito un insieme “accerchiante” per impedire l’ulteriore sviluppo delle FER elettriche. Ulteriori misure sono state introdotte all’interno del Destinazione Italia, tra cui il taglio retroattivo «volontario» degli incentivi alle FER e l’eliminazione dei prezzi minimi garantiti.
Parte del Governo sostiene infatti che il recente aumento del prezzo dell’energia sia dovuto all’incentivazione delle energie rinnovabili. Questo non è vero.
Il costo annuale della bolletta elettrica per una famiglia tipo è aumentato del 53% nell’ultimo decennio, passando da 338 a 518 €. La principale causa sta nell’evoluzione della voce «energia e
approvvigionamento» che incorpora gli incrementi nel prezzo internazionale di gas e petrolio ed è aumentata di 170 €: da 106 € nel 2002 a 276 € nel 2013. Anche facendo un confronto con la Germania, si scopre che i consumatori domestici tedeschi pagano mediamente di più gli oneri sull’elettricità (tra i quali figura l’incentivazione alle FER): la Germania spenderà quest’anno circa 20,5 Miliardi di incentivi, contro gli 11,2 in Italia.
Con l’approvazione del Destinazione Italia gli investimenti passati vedono tagliata la loro redditività, con conseguente impossibilità di crescita futura delle installazioni.
Anche la Commissione Europea nelle linee guida del 5/11/2013 condanna chiaramente queste politiche: “cambiamenti retroattivi agli schemi di supporto esistenti danneggiano la confidenza di chi ha effettuato l’investimento e riducono i futuri investimenti nel settore… …la Commissione raccomanda di supportare le rinnovabili in modo stabile, trasparente, credibile, ricercando l’efficienza di costo e l’integrazione del mercato”.
3. Gli obiettivi climatici ed energetici al 2030
Le rinnovabili sono in questi giorni oggetto di forti pressioni derivanti dalle utilities tradizionali.
La necessità oggettiva di una rapida transizione energetica sta riducendo la redditività degli asset di tali aziende, spiazzati dalla produzione a costo variabile nullo. Per questo, un gruppo di operatori energetici (c.d. gruppo Magritte) e di industrie (Business Europe) si sta opponendo in tutta Europa allo sviluppo della produzione rinnovabile, proprio nel momento in cui le istituzioni comunitarie stanno discutendo i nuovi obiettivi climatici ed energetici.
Infatti, occorre ricordare che a Gennaio la Commissione Europea ha proposto i nuovi target da raggiungere al 2030. L’Italia, durante il suo semestre di presidenza del Consiglio Europeo, deve schierarsi con tutti i Paesi centro-occidentali e porre un chiaro obiettivo sullo sviluppo delle rinnovabili al 2030, sfruttando così il vantaggio competitivo del Paese dato dal recente sviluppo interno delle FER. Infatti, un obiettivo ambizioso sulla produzione rinnovabile riduce l’incertezza degli investitori e riduce il costo della transizione energetica, nonché il rischio della volatilità dei prezzi dei combustibili fossili importati.
4. Le politiche dal lato dell’offerta
Promuovere l’innovazione risulta centrale per sfruttare appieno tutti i vantaggi del recente sviluppo delle rinnovabili. Oltre all’imposizione di precisi target di produzione da fonti rinnovabili, risulta altrettanto importante agire dal lato industriale, agevolando il lavoro e promuovendo l’innovazione nei settori green.
Per fare questo, occorre rivedere la fiscalità del nostro Paese. In questa direzione infatti vanno la Delega Fiscale (art. 15) e la Legge di Stabilità (più precisamente il collegato ambientale alla stessa). Inoltre, questo aspetto è oggi al centro delle discussioni del Semestre Europeo 2014: nella Relazione Annuale sulla
Crescita che ha preceduto questo semestre, vi è un chiaro intento della Commissione Europea di spostare l’imposizione fiscale dal lavoro al consumo di risorse e in particolar modo quelle più inquinanti.
A questa azione si associa anche la proposta di direttiva della Commissione Europea (COM (2011) 169) riguardante la modifica del quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità. I proventi di queste azioni dovranno andare a beneficio dei settori della green economy e in particolare delle rinnovabili.
Allo stesso tempo, favorire lo sviluppo delle rinnovabili vuol dire migliorarne l’integrazione nei mercati, attraverso una revisione del funzionamento del mercato energetico italiano e l’integrazione di questo con i mercati del Nord Europa, che sarebbe dovuta avvenire entro il 2014.
La Generazione Distribuita rappresenta oggi il futuro del settore e ci si aspetta che avvenga una liberalizzazione del mercato nei tempi più brevi possibili. L’adozione di una politica energetica basata sulla decentralizzazione produttiva (generazione distribuita, smart district, città sostenibili) è nell’assoluto interesse del Paese anche per aumentarne la competitività.
5. Conclusioni
Per non mettere a repentaglio la futura crescita di un settore nel quale, sotto molti aspetti, siamo un esempio nel mondo, occorre dare certezze agli investitori, evitando tagli retroattivi all’incentivazione e allineando le politiche italiane alle linee guida della Commissione Europea. La politica e le imprese devono prendere atto che la transizione energetica non è solo positiva dal punto di vista economico e ambientale, ma è addirittura inevitabile.
Rallentare il processo attraverso norme che danneggiano retroattivamente gli investimenti non è la soluzione.
Piuttosto, occorre ripensare al funzionamento del mercato energetico per favorire l’integrazione delle nuove tecnologie, lo sviluppo della produzione distribuita e l’innovazione nel settore delle rinnovabili.
Le prossime scadenze dei vertici Enel ed Eni devono dare un segno di discontinuità con il passato. Volti e competenze nuovi che dichiarino il loro pensiero e le linee programmatiche sulle rinnovabili. I rappresentanti del settore dell’industria rinnovabile dovrebbero trovare spazio nei CdA degli enti energetici (tra i componenti che nomina il Governo).
La filiera italiana delle rinnovabili è pronta ad avere un ruolo nazionale nel mediterraneo anche attraverso investimenti produttivi nei paesi della sponda sud.