«La lotta ai cambiamenti climatici non è più una questione tra le questioni, ma un problema sostanziale del nostro tempo che deve essere affrontato con urgenza. Ecco perché chiediamo al governo italiano, in forza della Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea, a farsi promotore di scelte e obbiettivi ben più radicali e ambiziosi di quelli annunciati dalla Commissione europea. Innanzi a questa verità il suo Governo assume invece una posizione contraddittoria e per noi imbarazzante. Riconosce cioè l’esistenza e gli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici ma senza sollevare le cause che lo alimentano. Anzi getta benzina sul fuoco, ultimo esempio con lo sblocca Italia, per favorire l’utilizzo delle fonti fossili e ostacolare le politiche di adattamento e mitigazione eliminando dal mercato la concorrenza delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica». Così Gianni Girotto, capogruppo M5S in X Commissione al Senato, durante la dichiarazione di voto in Aula il 22 ottobre, dopo le comunicazioni del Presidente del Consiglio Matteo Renzi in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014.
I 5 Stelle in occasione hanno presentato una risoluzione nella quale vengono chiesti obbiettivi più radicali di quelli proposti dalla Commissione europea e vincolanti per il contrasto ai cambiamenti climatici: riduzione entro il 2030 delle emissioni di gas serra di almeno il 55% rispetto al 1990); 45% di energia prodotta da fonti rinnovabili e riduzione almeno del 40% di consumo di energia rispetto al 2005. Una proposta rivolta a sostenere la rivoluzione energetica ormai in atto ma che ha bisogno di essere sostenuta da una nuova visione di politica industriale capace di risolvere anche il problema dell’occupazione che può essere decisa oggi in Europa.
Inoltre è stato chiesto al Governo italiano di impegnarsi a promuovere una modifica degli accordi di stabilizzazione economica europea, con una netta revisione dell’accordo intergovernativo, meglio noto come Fiscal Compact, che porti poi a una modifica della Costituzione con l’eliminazione del pareggio di bilancio e l’istituzione di un sistema unico di indebitamento attraverso i cosiddetti Eurobond con la previsione di garanzie in solido da parte di tutti gli Stati membri, rinunciando all’istituzione del fondo di redenzione europeo.
Le politiche di austerità portate avanti dalla Troika in questi anni, infatti, hanno contribuito a massacrare piccole e medie imprese, impoverendo le famiglie: quello che il Parlamento europeo ha definito una vera e propria “macelleria sociale”.