Roma, 23 settembre 2015 – «Quando Renzi dice che “elettività non è lo spartiacque della democrazia” forse ignora che la potestà legislativa è la funzione pubblica più importante e che non a caso è affidata a rappresentanti eletti dal popolo. Oppure – ipotesi più probabile – al premier importa solo esibire una nuova medaglia agli italiani, infischiandosene della efficacia e della coerenza della riforma». È il duro attacco del senatore del Movimento 5 Stelle Gianni Girotto durante un intervento in Aula sulla contestata riforma del Senato.
Nel passaggio del ddl alla Camera la maggioranza ha ulteriormente ridotto le funzioni del Senato, che si limita a “concorrere” al raccordo tra Stato ed enti territoriali, a “concorrere” al raccordo tra enti territoriali e Unione europea, a “concorrere” alla valutazione delle politiche pubbliche.
«Tanto vale allora eliminarlo del tutto – ironizza Girotto -, anziché mantenere un organo che non fa nulla e che rischia di assomigliare a un’assemblea di politici trombati alle elezioni della Camera, ai quali viene offerto un premio di consolazione a settimane alterne andando a Roma». Non era questo a cui pensavano i nostri padri costituenti. Ma oggi in Italia il Senato rischia di non contare nulla. Non è così negli altri Paesi, dove le seconde camere sono tenute in maggior conto.
In questo clima di confusione e furberie Renzi fa finta di non accorgersi che riforma costituzionale e legge elettorale sono strettamente legate, visto che questa incide in modo decisivo sulla rappresentanza e sul governo del Paese.
«Ma oggi la frittata è fatta, o quasi. E chi pensa a una riforma elettorale che premia i nominati anziché gli eletti non dice che con questo sistema sarà più facile eleggere un Presidente della Repubblica di comodo», spiega Girotto. «Che poi la riforma abbia anche dei punti accettabili il giudizio nel suo complesso resta negativo. D’altra parte non abbiamo deciso noi di sorvolare senza pudore sulla evidente mancanza di legittimazione di un Parlamento eletto con il porcellum per riformare la Costituzione, anziché rimandare la decisione ad un Parlamento nuovo, o persino ad una assemblea costituente liberamente eletta dai cittadini. Ecco perché oggi prendiamo le distanze sulla riforma di Renzi, ma solo di Renzi, prima che sia troppo tardi».