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Le piattaforme petrolifere sono private, ma il conto della sorveglianza lo pagano gli italiani

Sappiamo che l’acuirsi della crisi libica costringe anche l’Italia a potenziare la sorveglianza agli impianti per l’estrazione del petrolio, ai rigassificatori, alle raffinerie e alle navi per il trasporto del greggio. Ma quanto costano davvero ai cittadini le piattaforme petrolifere private in termini di sicurezza militare? E perché devono essere i nostri militari a garantire per conto delle grandi multinazionali dell’energia?.

Ce lo siamo chiesto con i colleghi Vincenzo Santangelo e Bruno Marton, insieme ai quali abbiamo presentato un’interrogazione parlamentare urgente indirizzata al governo

I giacimenti di idrocarburi sono patrimonio indisponibile dello Stato. A sfruttare quei giacimenti sono aziende private, ma a pagare sono sempre i cittadini. Quante operazioni di sorveglianza del programma Mare Sicuro sono necessarie per garantire la sicurezza di tutti gli impianti petroliferi italiani? Quanto costano complessivamente allo Stato i 117 permessi di ricerca e le 201 concessioni di coltivazione presenti nel nostro Paese? E a chi appartengono le strutture a cui dobbiamo garantire la sicurezza?

Pretendiamo che si dia una risposta a queste domande. Il governo lo deve ai cittadini.

Sarebbe più facile, meno costoso e più sensato iniziare un serio programma di riconversione energetica nazionale. Abbandonando una volta per tutte la strada degli idrocarburi – che a causa del terrorismo è oggi anche più pericolosa – e imboccare la via delle rinnovabili.

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