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G7 Energia, l’Italia punta su gas e fossili

Energia decentrata e autoprodotta: è questo il futuro energetico che ci aspetta in un mondo sempre più complesso e messo a rischio dallo sfruttamento delle risorse naturali. Uso delle fonti rinnovabili, risparmio di energia attraverso l’efficienza energetica e uso razionale di quell’energia.
Ma non è di questo che il nostro governo parla al G7 dell’Energia che si tiene a Roma il 9 e il 10 aprile. Nei piani per l’Italia c’è molto gas e poche fonti rinnovabili. E questo nonostante in un quadro di decarbonizzazione dell’economia in linea con i principi del vertice di Parigi sul clima, la domanda di combustibili fossili dell’Unione europea continuerà a scendere.

All’Italia manca una vera Strategia energetica nazionale (Sen). Quella presentata a spizziche e bocconi dal governo non è chiara e si presenta inadeguata per far fronte agli obblighi internazionali ed europei. E anziché aprire una seria discussione parlamentare, che coinvolga anche le Regioni, su come affrontare quegli obiettivi, il governo italiano gioca a scrivere una strategia energetica (Sen) e una climatica (Sec) senza alcun valore di legge; e che addirittura si pone in netto contrasto con le indicazioni contenute nel “Clean Energy for all Europeans” proposto dalla Commissione Europea per puntare verso una vera transizione energetica.

Non solo dunque il governo non dice in che modo la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile e l’orientamento (che sarà indicato dalla Sen e dalla Sec) influenzeranno le azioni e gli strumenti assunti nell’ambito di quel protocollo e degli accordi internazionali. Ma manca addirittura una cabina di regia in grado di far funzionare l’intera macchina, senza disperdere risorse e competenze in azioni del tutto scoordinate.

Veniamo al gas. I maggiori studi internazionali sull’energia, a partire da quello redatto dall’Oxford Institute for Energy Studies, ci dicono ad esempio che la costruzione del nuovo Tap che porta il gas dall’Azerbaijan fino in Puglia è pressoché inutile, se non addirittura dannoso per l’economia e l’ambiente.

Ci sono almeno tre fattori per cui non conviene investire così tanto sulle infrastrutture legate all’estrazione del gas. In breve:

1. Lo sviluppo dell’efficienza energetica, l’aumento delle fonti rinnovabili in Europa e la crisi economica che ha fatto calare la produzione;
2. non c’è bisogno di aumentare le importazioni perché i consumi scendono più velocemente del calo delle estrazioni;
3. l’Europa è preparata ad ogni evenienza anche se la Russia di Gazprom dovesse decidere di chiudere i rubinetti del gas verso il nostro continente.

Ecco perché non c’è bisogno di altre infrastrutture gasiere. Mentre invece avremmo bisogno di regolamenti per facilitare lo sviluppo delle fonti rinnovabili e di leggi per orientare il nostro sistema energetico verso modalità efficienti e di risparmio.

Le proposte del Movimento 5 Stelle:

  • Diffondere le conoscenze e i comportamenti energetici virtuosi per la tutela dell’ambiente e di conseguenza della salute dei cittadini;
  • Promuovere tariffe elettriche differenziate a seconda dell’ora di utilizzo e delle esigenze della rete, che permettano agli utenti di essere protagonisti attivi nella transizione energetica riducendo di conseguenza i prezzi dell’energia;
  • Promuovere la trasformazione degli edifici esistenti in edifici a energia quasi zero;
  • Formulare politiche di efficienza energetica nell’ottica di rafforzare la sicurezza energetica nazionale ed europea: le fonti rinnovabili contribuiscono a diminuire la dipendenza energetica del nostro Paese dall’estero;
  • Revisionare le modalità con cui sono contabilizzati gli investimenti/fondi pubblici (nazionali ed europei) destinati all’efficienza, per farli rientrare nelle regole di flessibilità. Gli investimenti in efficienza energetica andrebbero considerati al di fuori del Patto di stabilità, ovvero non devono essere contabilizzati come “debito” visti gli enormi benefici di sicurezza, crescita e sostenibilità;
  • considerare la graduale soppressione dei sussidi e degli incentivi pubblici, diretti e indiretti, alle fonti fossili, che renderà più conveniente sia l’efficienza energetica che le fonti rinnovabili;
  • Stabilizzare il meccanismo di detrazione fiscale per la riqualificazione energetica degli edifici;
  • Evitare le speculazioni presenti nei meccanismi di incentivazione, come sta avvenendo attualmente sul meccanismo dei i certificati bianchi;
  • Rendere più efficace e funzionale l’efficacia del conto termico;
  • Rimuovere le barriere che stanno ostacolando non solo il passaggio dalla generazione centralizzata (basata sulle fonti fossili) a quella distribuita (basata sulle fonti rinnovabili), ma anche la possibilità di avere condizioni di maggiore convenienza nell’uso dell’energia per gli utenti. Tali ostacoli sono: 1) le tariffe di distribuzione domestiche sono fisse anziché fondate su principi di demand response; 2) il divieto di realizzare Sistemi di distribuzione Chiusi e reti private. 3) l’’impossibilità di partecipare al mercato del dispacciamento aperto solo a grandi impianti centralizzati. La riforma apre solo ad impianti sopra 55 kW di potenza impegnata lasciando fuori tutti gli altri impianti dell’ipotesi di partecipazione anche in forma aggregata;
  • Prevedere la completa sostituzione degli impianti alimentati a fonti fossili con impianti di generazione da fonte rinnovabile, distribuiti sul territorio.
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