La speculazione dei prezzi ortofrutticoli sta mettendo a rischio decine di migliaia di piccole e medie aziende agricole, che a stento arrivano a coprire i costi di produzione. Negli ultimi mesi c’è stato un tracollo dei prezzi all’origine – fino al 43% per alcuni prodotti – senza però che questo abbia almeno significato un risparmio per il consumatore, che compra a costi invariati. Quindi da una parte i produttori agricoli vengono pagati meno, dall’altra si continua a svuotare il portafoglio delle persone.
A pagare il conto delle speculaizoni restano quindi i cittadini, le imprese e i lavoratori, che sono quasi novecentomila. Ovvero un terzo di tutti i lavoratori agricoli d’Europa.
Ma quali sono le cause della crisi dei prezzi? L’abbiamo chiesto al ministro per l’Ambiente e a quello per lo Sviluppo economico in un’interrogazione urgente pubblicata il 15 giugno. Vogliamo sapere come intendano intervenire per sanare una situazione al limite del parossistico. L’Italia da sola rappresenta un quarto della produzione agricola europea. Ma le proprie aziende e centinaia di migliaia di posti di lavoro sono minacciati da giochetti finanziari che poco hanno a che vedere con lo sviluppo di un settore trainante per il nostro paese.
Ma vediamo qualche numero. Secondo i dati Isma (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) al 2 giugno i prezzi medi all’origine della frutta sono scesi in media del 40%; mentre quelli degli ortaggi sono crollati in media del 45%.
Nel 2015 gli occupati in agricoltura sono stati 843.000. Parliamo di un terzo dei lavoratori di settore presenti in tutto il continente europeo. Ovvero di una forza lavoro specializzata, preziosa e numerosa” spiegano i pentastellati.
In Italia ci sono circa 1.470.000 aziende agricole (dati Crea, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria). Di queste circa il 62% occupa solo il 13,4% della Superficie agricola utilizzata (Sau), con una Produzione standard (Ps) di meno di 8.000 euro: spesso insufficiente persino a sostenere i costi di produzione. Mentre il grosso delle terre e dei fatturati sono concentrati nelle mani del 5% di queste aziende (100.000 euro di Ps). E il 77% di quelle specializzate nelle coltivazioni permanenti (che sono in totale il 53%) hanno un’estensione inferiore ai 5 ettari: parliamo dunque di piccolissime imprese agricole” spiega Girotto.
Con questi numeri c’è poco da stare allegri. Eppure oggi l’agricoltura è un’eccelleza da difendere anche perché non significa più solo campi e mercati. Ma è elemento di sviluppo locale e rurale, sempre più legata ad attività turistiche, ambientali, paesaggistiche, di accoglienza, gusto e buona tavola, della trasformazione e della tutela del territorio tutto in chiave di promozione culturale in senso ampio. Ma le aziende agricole possono fare tanto per le amministrazioni locali, rendendosi naturali gestori e controllori di quelle terre. le In una parola: multifunzionalità.
Difendere questa idea di agricoltura significa difendere le buone pratiche di tutela della nostra terra, fonte di storia, cultura e volano economico per il futuro. Ma significa anche promuovere lo sviluppo tecnologico legato ai sistemi di produzione e distribuzione più sostenibili: e-commerce e creazione di gruppi di acquisto solidali, più sostenibili e moderni rispetto alle pratiche energivore e speculative della grande distribuzione. Ecco perché chiediamo ancora una volta ai ministri competenti di intrvenire subito per evitare il tragico tracollo di uno dei settori che più di altri possono rendere grande e accogliente l’Italia.