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Nucleare, la strategia climatica slovena va fermata

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Al Governo italiano chiediamo un'azione di moral suasion verso quello sloveno affinché non prolunghi la vita e non raddoppi la capacità della centrale nucleare di Krško

Il Governo italiano deve intraprendere un’azione di moral suasion nei confronti di quello sloveno affinché non proceda con la realizzazione del raddoppio della centrale nucleare di Krško, in Slovenia. È quanto chiedo nel testo dell’interrogazione che, insieme ai colleghi Pasqua L’Abbate, Marco Croatti, Cristiano Anastasi, Gianluca Castaldi e Ruggiero Quarto, ho rivolto come primo firmatario al Ministro della transizione ecologica e al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Secondo quanto pubblicato sul sito web dell’Agenzia per la promozione dell’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE), il 16 luglio 2021, che ha ripreso la notizia del quotidiano Primorski Dnevnik, i deputati dell’Assemblea Nazionale slovena avrebbero adottato una risoluzione sulla strategia del Paese per il clima, nella quale si prevede l’uso dell’energia nucleare a lungo termine. La centrale di Krško, a meno di 100 chilometri in linea d’aria da Trieste, è attiva dal 1981 e si sarebbe dovuta chiudere nel 2023. Nella sua strategia climatica, la Slovenia non solo intende prorogarne l’esercizio fino al 2043, ma è riuscita persino a strappare al Ministero delle infrastrutture l’autorizzazione alla costruzione di un secondo reattore che, secondo i dati di progetto, dovrebbe avere una capacità di 1.100 MW.

Si tratta di decisioni che presuppongono il rispetto della Convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transforntaliero, stipulata a Espoo il 25 febbraio 1991, e che potrebbero avere impatti ambientali rilevanti anche per i Paesi limitrofi, che si troverebbero inevitabilmente coinvolti. È impensabile, quindi, che da questo processo decisionale vengano esclusi i Paesi potenzialmente colpiti. Per la centrale nucleare di Krško, tra l’altro, sarebbe anche necessaria una nuova valutazione generale dei rischi, sia in relazione alla sismicità, un parametro che è stato sottostimato in fase di progettazione (così come emerso dallo studio ENEA “Informazioni sulla sicurezza delle centrali nucleari frontaliere distanti meno di 200 km dal territorio nazionale”), sia in relazione alle inondazioni, frequenti nella zona in cui si trova l’impianto. Non sarebbe molto meglio aiutarli a sviluppare una centrale a fonti rinnovabili con annesso stoccaggio?

LEGGI IL TESTO DELL’INTERROGAZIONE

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