Gentile Presidente, colleghi,
chiedo attenzione su un punto all’ordine del giorno del Consiglio europeo, ovvero l’aumento del prezzo dell’energia, sul quale condivido molto di quanto esposto nel Suo intervento. Una questione con cui avremo a che fare ancora per molti mesi, con conseguenze economiche molto preoccupanti, sia lato inflazione sia per il pericolo di un rallentamento, o addirittura interruzione, della ripresa.
Questa situazione ha coinvolto tutti gli Stati anche quelli più nuclearisti, legati comunque alle stesse regole di formazione dei prezzi sui mercati internazionali. Il Governo ha già dato alcune risposte, intervenendo con sussidi sulle bollette. Ma una politica di sussidi non può essere la soluzione strutturale, è doveroso per carità, ma non risolve il problema nel medio-lungo periodo. Solo con azioni strutturali sul mercato dell’energia in ambito europeo e nazionale il problema potrà essere risolto.
La confusione alimentata dai media non ha aiutato a inquadrarne fin da subito le reali cause. Si sono dovuti “scomodare” la Presidente von der Leyen e il Vicepresidente Timmermans, per fare chiarezza sull’argomento e ribadire che l’unica alternativa possibile sono le rinnovabili, e l’efficienza energetica.
Si può non essere d’accordo, ma è la posizione europea. E lo dimostra la “tempesta perfetta” in corso: un forte aumento dei prezzi del gas che si è verificato negli ultimi mesi per la combinazione di situazioni strutturali e congiunturali, che potrebbero perdurare. Il sistema energetico nazionale europeo, fortemente dipendente dal gas, pur disponendo di un sistema di infrastrutture diversificato, non ha potuto sottrarsi alle dinamiche degli aumenti di prezzo.
Veniamo alle proposte.
Qualcuno suggerisce di ri-tornare alle produzioni nazionali, cioè aumentare le trivellazioni su suoli e mari italiani, per avere gas e petrolio “a buon mercato”. Ma sarebbero estratti da operatori privati e prezzati sempre sui mercati internazionali, rimanendo quindi legati alle attuali dinamiche di prezzo, che non controlliamo. Dubito fortemente, poi, che tali operatori privati, internazionali, siano disponibili ad effettuare nuovi costosi investimenti senza avere certezza dei ritorni economici. Il settore fossile è fortemente cost-intensive e gli investimenti abbisognano di diversi anni prima di essere ammortizzati. Inoltre il quadro politico nazionale, a seguito anche dei relativi referendum, si sta predisponendo ad un forte “giro di vite” in senso appunto restrittivo. Basta leggere la “Proposta di PITESAI” che dispone un restringimento delle aree marine trivellabili e il divieto a nuovi pozzi di petrolio in terraferma, con forti limitazioni anche sul gas.
Pertanto, nella sua recente Comunicazione, la Commissione propone di sostenere imprese e consumatori, soprattutto chi si trova in condizioni di povertà energetica, ma soprattutto di rafforzare la nostra indipendenza energetica tramite la c.d. “transizione” all’energia pulita, il modo migliore, secondo la Commissione, per scongiurare altri shock futuri. Per questo deve essere accelerata, in linea con gli impegni internazionali sul clima e l’energia. In egual modo la pensa la IEA, in passato relativamente pro-fossile, che ora invece nel suo ultimo recentissimo rapporto afferma con totale assolutezza che non ci dovranno essere ulteriori investimenti in fonti fossili!
Il M5S condivide appieno tali proposte. Il processo di transizione energetica deve essere rapido per un semplice motivo: è economicamente conveniente. Prima lo facciamo, più risparmiamo (quindi più guadagniamo) e in esso rinnovabili ed efficienza energetica hanno il ruolo chiave. Il primo a dirlo fu Nicholas Stern, nel 2007, 14 anni fa, ma sono tantissimi gli studi autorevoli che ribaltano la narrativa del “costi maggiori dei benefici” per la transizione e parlano di risparmi netti di migliaia di miliardi di dollari, rispetto a un sistema basato sui fossili (uno degli ultimi, quello dell’Institute of New Economic Thinking dell’Università di Oxford).
Quindi sostenere le rinnovabili e investire su strumenti quali Comunità Energetiche e Superbonus è la chiave per ridurre in modo strutturale i costi energetici e calmierare la crisi in atto. Significa passare a un modello rinnovabile, decentrato efficiente, molto più resiliente e legato a dinamiche economiche non rischiose.
I numeri lo dimostrano. Dal GSE sappiamo che le oltre 750mila famiglie/utenze domestiche che nel nostro Paese hanno realizzato un impianto fotovoltaico in autoconsumo hanno evitato, per un terzo, l’aumento del costo dell’energia (poiché in parte usano la LORO energia autoprodotta). Vantaggi simili ci sono stati anche per le quasi 110mila imprese che hanno realizzato un impianto a fonte rinnovabile. A ciò si aggiungono i risultati, in termini di risparmi e riduzione di approvvigionamenti energetici, conseguiti grazie agli interventi di efficientamento, spinti anche dal Superbonus. Fatti che dimostrano come questi interventi abbiano ridotto gli aumenti recenti.
Implementare il modello dell’autoconsumo dell’energia rinnovabile sposta i risparmi/guadagni ai cittadini, alle imprese e alle autorità locali, e questo si può fare attraverso la costituzione di Comunità energetiche da loro stessi gestite. Riteniamo, poi, di fondamentale importanza prorogare l’applicazione del Superbonus anche alle unifamiliari. Strumenti che vanno sostenuti anche per rafforzare la filiera tecnologico-produttiva nazionale e offrire al sistema economico un importante valore aggiunto, scongiurando il rischio di crisi.
Presidente, colleghi,
quelle che per motivi di tempo sono state solo accennate sono soluzioni reali, concrete e a portata di mano, e abbracciano una visione che, se perseguita, porterà un miglioramento strutturale delle condizioni economiche, ambientali e sociali.
Come M5S, facciamo appello alla Sua responsabilità e a quella del Governo affinché sui tavoli decisionali, europei e non, venga sostenuto e implementato un modello energetico rinnovabile, efficiente, decentrato e spinto verso l’elettrificazione dei consumi. Questo va fatto anche tramite le politiche fiscali, partendo dalla indispensabile definizione di una tassonomia verde che escluda il nucleare e il gas. La stiamo aspettando, Presidente…
Il modello energetico attuale, fossile, inquinante e centralizzato, che pochi ma grossi vogliono conservare, si basa su dinamiche e rendite che è possibile superare solo garantendo la reale partecipazione e concorrenza al mercato elettrico tra le diverse tecnologie oggi disponibili, per realizzare le quali servono ancora sforzi, essendo tale mercato ancora pro fossile.
Il nostro Nobel Giorgio Parisi ha detto che l’azione dei governi per combattere i cambiamenti climatici è stata finora “non all’altezza della sfida“, che la politica sta facendo troppo poco. La miglior risposta è dimostrare che c’è la volontà di fare.
Ci vorrebbe, Presidente Draghi, e mi permetto di coinvolgere un grande Uomo, ci vorrebbe un nuovo Enrico Mattei, un uomo in grado di “fare”, così come nella storia italiana ne abbiamo avuti tanti, che ha rischiato tutto, persino quello che di più caro aveva, la vita, per garantire al nostro Paese l’indipendenza energetica, madre di quella politica. Al tempo la tecnologia su cui puntare era quella fossile, ora è quella delle rinnovabili e dell’efficienza.
Passare ai fatti è qualcosa che possiamo fare già adesso e un obbligo morale per noi e per i nostri figli.